Caro, Doriano, tu hai molte cose da dire e so che da qualche anno vai sperimentando uno strumento di comunicazione adeguato: scrivi, reciti, dipingi.
La pittura è forse la tecnica più ardua e perciò la più amata. Dipingere oggi – voglio dire usando tele e colori – assume il significato di una sfida. Tu neghi la morte dell’arte, avverti nel misterioso rettangolo della tela un richiamo insistente.
Ed ecco la magia del segno, la stesura azzurrina che evoca spazi reali e spazi interiori, il raggrumarsi della materia che a poco a poco si fa forma, immagine, simbolo. L’evento artigianale fissa un’idea, diventa esso stesso idea.
Non è mera convenzione il titolo – Catarsi – che ritorna in tante tue opere. E’ un atto di fede, è una dichiarazione d’amore così scoperta e inerme da incutere rispetto e apprensione.
Ogni volta che il pittore affronta una nuova opera, è come se il mondo intero ricominciasse da capo; e si ripete, gesto su gesto, l’atto del primo uomo che interviene a dare ordine e significato all’esistere.
Tu senti con umiltà questa tua solitudine; vai dialogando mentalmente con gli interlocutori più cari e te ne distingui: confrontasi con gli altri, significa verificare sé stessi e ritrovarsi.

Elda Cerchiari – Esposizione Biblioteca Calvairate, Milano, 1978

 

 

Abituato al dipanarsi spazio-temporale del teatro, anche nella pittura Modenini privilegia l’azione, il processo.
Sulla tela, come sulla scena, si esplica l’articolata flagranza del divenire, del vissuto, fuori della fissità di schemi
convenzionali, dell’iterazione di stilemi formalizzati. Ed il gesto, ovviamente, la fa da padrone, con la connessa
immediatezza di espressione.
Attratto dai “valori selvaggi”, l’artista resta tuttavia inevitabilmente uomo di cultura occidentale. E pur cercando
di muoversi in un contesto il meno condizionato possibile, deve poi assistere all’emergere di abitudini radicate appunto
in una cultura determinata. Ed ecco quindi l’imporsi, nonostante tutto, della centralità dell’immagine, secondo incoercibili
forze centripete che con quelle centrifughe contrastano. Ecco certi colori, certi loro accordi armonici. Ecco, anche,
il presentarsi – in definitiva, poi, combattuto solo fino ad un certo punto – di vere e proprie citazioni: da Pollock,
Vedova, ad esempio, ma anche, ancora ad esempio, di Kandinsky e Mirò. Con un accettuato, se non cercato coniugarsi del
piacere della mente con quello della mano.

Luciano Caramel – Esposizione Studio d’Arte via Plinio – Como, 1983

 

 

L’immaginario di Modenini sembra trovare un preciso correlativo oggettivo nelle sue tele grazie al potente medium del colore.
L’intensità cromatica – fonte inesauribile di seduzione per il fruitore della sua arte – riesce a farti veicolo di complesse
associazioni emotive: la tela diventa un’area dove l’artista da sfogo alla propria energia psichica senza operare scelte
intenzionali ma traducendo nel gesto e quindi in forme e segni visibili la propria condizione interiore. Il colore, prodotto
finale di questa lotta, cristallizza le sfaccettature dell’inconscio e lo spazio della rappresentazione diventa un omologo
dell’emotività che da esso si sprigiona. Colore e spazio dunque per definire, contenere e “raccontare” l’universo mentale
dell’artista – magma incandescente di opposte pulsioni. Ma nella produzione più recente, dove Modenini sembra avere
raggiunto un più terso equilibrio formale, non rimane alcuna traccia del lavoro psichico che sottende la creazione:
la sua arte perde ogni contenuto referenziale, non denota più nulla se non se stessa e i suoi elementi rimandano
sintagmaticamente gli uni agli altri in un gioco di specchi di geometrica coerenza da cui scaturire per vibrazione interna
la luce poetica. I riferimenti mitici, esplicati, provocatoriamente, nei titoli: Metis, Protogenesi, Kronos, Attesa per il
rapimento di Kore – riconducono il discorso pittorico di Modenini al suo territorio originario, alla sua genesi: la
riflessione sul mito. Se optare per il linguaggio del mito significa congedare il linguaggio del logos, Modenini ha
operato questa scelta. L’approdo è una dimensione prelogica, prefigurativa: il reale e il razionale, ormai vanificati,
lasciano spazio all’invenzione di nuovi mitemi.

Chiara Spallino – Esposizione Galleria Schubert, Milano, 1985

 

 

La Gioia sotto il decoro
Il mondo di Doriano Modenini è un mondo aperto, è senza apparenza di peso e gravità. Tutto è leggero, veloce, folgorante:
questa attività molecolare nasce da un profondo respiro di calma e serenità. Questi quadri colorati, chiari, impetuosi,
percorsi molto spesso da una linea mediatrice verticale, si presentano in un primo tempo come dei tessuti decorativi, dei
frammenti di sipario strappati da qualche palcoscenico. Però l’errore micidiale sarebbe di fermarsi a questo primo tempo
dello sguardo. Dietro il “design” delle apparenze, si nasconde una trama calda di affettività compatta: una sostanza ricca
di sensibilità pura. L’arte di Modenini si riferisce ad un approccio diretto e spontaneo con la natura interna delle cose.
Dipingere per Modenini è certamente uno sfogo ma nello stesso tempo è l’espressione di un’imperativa necessità. Usare la matita
o il pennello per proiettare il colore sulla tela, sono delle operazioni gestuali elementari, fondamentali di una routine
abitudinaria. Questa gestualità operativa non avrebbe il minimo senso se fosse per il pittore un fine a se stesso. Meno male,
questo non è il caso di Modenini. Il pittore va alla ricerca di se stesso, al di là del decoro visivo. Ogni quadro è una nuova
avventura, e l’avventura può anche svelare dei tesori insospettabili di poesia visiva. Questa poesia del fare pittura nella
gioia del colore è una cosa rara. Doriano Modenini ha una perfetta conoscenza del colore e del tessuto. Il suo mestiere è
diventato il suo modo di vivere meglio. Ecco il fondamentale segreto della gioia sotto il decoro.

Pierre Restany – Esposizione Galleria Schubert, Milano, 1987

 

 

Como un acontecimiento de gran valor artistico dentro de las colecciones de Tapicerias Gancedo, se presenta en la actual
temporada una linea de estampados de Assia, con diseno del pintor italiano Doriano Modenini, que se titula Le Muse, dentro de
las modernìsimas tendencias del New Classic y del New Romantic.
La ispiracion del artista que ha conseguido estas sorprendentes creaciones ha tratado de plasmar en la belleza de la tela
las
evocaciones de estas divinidades clàsicas: las nueve musas que presidian las artes. Segùn las palabras de Doriano Modenini,
esta colecciòn ofrece a los decoradores e interioristas la sugerencia de incluir en sus ambientes “el immortal placer de
reconocer nuestros orìgenes en los mitos eternos ».

TG Artes Decorativas n° 53 / Madrid 1987

 

 

…nel 1982 Bruno Munari è stimolato dalle emergenti possibilità tecnologiche ed inventa nuove tipologie di design legando
ne “La regola e il caso” la fantasia con il rigore essenziale. Il pittore Aldo Sterchele con “Acanto” riveste con
affascinante decadentismo le nascenti atmosfere che preludono al felice ritorno del new classic e new romantic della
collezione di Doriano Modenini. L’artista rivoluziona il design del tessuto d’arredamento con la sconvolgente e
lussuosa collezione Bisanzio, che nel 1985 si pone come autentica pietra miliare sul percorso della decorazione…

da: Interni n°378 / Milano 1988

 

 

Art o design? Proprio all’interno dell’ormai tanto chiacchierata querelle tra arte e design ha deciso
di collocarsi la Galleria Schubert di Milano. Da molti anni sul fronte dell’arte, questa galleria vanta una tradizione
pluridecennale che ne ha fatto un luogo privilegiato e ambito da artisti e designer. “Si può dire che il mestiere del
mercante d’arte sia un destino ineluttabile che travolge la nostra famiglia. Mio nonno possedeva una galleria a Lugano
e poi è venuta mia madre, titolare di questa galleria…” afferma Andrea Schubert. E proprio qui ha avuto luogo la prima
mostra di Alessandro Mendini nel 1976.
Nel frattempo la Galleria Schubert si è interessata a molte forme artistiche, sempre attenta alle nuove tendenze in atto.
Recentemente ha dato il via con una prima mostra dal titolo “Gli artisti e il valore d’uso: arte applicata o applicazione
dell’arte?”, a un dibattito particolarmente interessante sulla distinzione tra arti “belle” e “applicate”…
La necessità di porre una netta linea di demarcazione tra l’arte come espressione pura dello spirito e l’arte applicata
come frutto di esigenze per lo più funzionali nasce solo con l’estetica moderna. La Galleria Schubert, ponendosi appunto
all’interno di quest’ottica, ha proposto e proporrà i lavori di artisti e designers che si collocano al limite di un confine,
tra arte e designer, sempre più labile.
I mobili o “pseudomobili” esposti in questa prima mostra denunciano con chiarezza l’ambiguità tra questi due mondi.
Da questi mobili antropomorfi di Valerio Gaeti e dalle opere di Carmi, Cavallotti, Deans, Mari, Modenini, Orsi, Pessina
e Picini, la galleria milanese passerà, nel corso di quest’anno a manifestazioni monografiche sui tessuti e sui gioielli.

Da: Modo – luglio / Milano, 1988

 

 

…The printed patterns of Doriano Modenini are remarkable for their crystal-sharp imagery, related more to painting
than the decorative arts….

Da: Jack Lenor Larsen / J.Calmann and King Ltd./ London 1989

 

 

…Appartiene a un altro pianeta Doriano Modenini, veronese d’origine e milanese d’adozione. Ha un passato molto movimentato:
stilista, con in tasca un diploma di grafico pubblicitario e uno dell’Accademia dei Filodrammatici; attore, regista,
scenografo, pittore, organizzatore teatrale e infine disegnatore di tessuti nell’85, anno in cui viene presentata la
sua prima collezione (disegnata per Assia). Come artista non ama i ritmi frenetici della produzione anche se non la disdegna
perché “non si può fare solo quadri e sperare di vivere”….

Lorena Ceccarelli / Modo n° 117 / Milano 1989

 

 

A colloquio con Doriano Modenini
Timido, ma anche estroverso, esigente con se stesso e fragile, Doriano Modenini è stato attore, regista e
imprenditore teatrale. Oggi ha quarant’anni e da cinque ha deciso di chiudere col teatro per dedicarsi alla
pittura e alla scrittura (ha da poco pubblicato un romanzo, La sonnambula, Spazio Tre Editrice). Lo abbiamo
incontrato nella sua casa milanese, ariosa e pulita, dove dietro una porta c’è la stanza dove dipinge, che
ha sempre le persiane chiuse.
-Come è accaduto che hai lasciato il teatro?
-Da regista ero diventato imprenditore, ma a questo punto il mio lavoro era lontano dal teatro… ero molto deluso,
quando si è giovani si inseguono ideali e poi bisogna adattarsi al compromesso. Adesso non ho più i sogni di gloria di
un tempo e ho trovato un equilibrio tra fantasia e realtà: continuo a scrivere e a dipingere, che sono i miei desideri
di sempre, ma disegno anche tessuti d’arredamento per qualche azienda (Assia, Zanotta, Piovano…). All’inizio io facevo
dei quadri, e loro ricavavano le stampe dal quadro. Adesso è diventato un mestiere e disegno le cose con più precisione,
pensando al tessuto. Il lavoro con le aziende è il mio contatto con la realtà…
-Parliamo della scrittura. La Sonnambula è il tuo primo romanzo?
– Il mio primo a essere pubblicato. La sonnambula è un’opera di Bellini dove tutto è immacolato, notturno, perfetto,
quasi irreale. A me serviva da pretesto per contrapporla alla realtà, che è tutta un’altra cosa. La protagonista, che si
identifica con la sonnambula, ed è un’idealista, è aggredita da un microcosmo di cose quotidiane, anche schifose – insetti,
sesso, soldi, afa, sudore – che non hanno niente a che fare con l’idealismo e che nell’opera originaria non ci sono. Lei
non riesce a stare né fuori né dentro la realtà. Da un punto di vista clinico è una schizofrenica che alla fine si uccide.
Il libro è molto duro e qualcuno si è scandalizzato per il linguaggio, ma io uso le parole come i colori, come metto
i colori sulla tela così butto fuori le parole e poi creo una struttura.
– Raccontami delle tele.
– La tela pulita non mi dice niente. Allora costruisco le mie tele con gli stracci, cucendoli, incollandoli. Se poi c’è uno
strappo, o una piega, o un segno, io li uso. Ma posso adoperare anche la paglia delle sedie, o tele che ho già dipinto e
che non mi piacciono; anche in questo caso ci sono crepe, pieghe, materia che danno corpo al quadro, poi il colore che
traspare. Questo è quello che sento. Poi lavoro con le mani per spargere i colori.
– Questa casa è molto ordinata. Non corrisponde all’immagine che stai dando di te.
– Faccio di tutto per rompere la struttura classica. Ma è radicata in me. Cerco di spezzare il senso armonico delle cose.
Guardacaso non sono contento di quello che faccio.
– Non pensi che i tuoi quadri siano belli?
– Penso che siano belli, però spesso li distruggo. Sono sempre molto insicuro. Le scuole dei samurai durano parecchi anni,
poi si lascia riposare il guerriero per un tempo altrettanto lungo, perché solo così può interiorizzare i gesti che ha
imparato. Interiorizzarli a tal punto da farli diventare istintivi. L’equilibrio e l’ordine sono talmente radicati in me
che se anche lascio sbrodolare il colore sulla tela, il quadro è simmetrico, perfetto, bilanciato. Quando alla fine
“pulisco e correggo” in realtà cerco di rompere questo odioso equilibrio…

da: Monique Mizrahil / Brava Casa – Gennaio / Milano, 1990

 

 

Nel corridoio della sua casa d’artista si fronteggiano due porte, una si apre su una stanza buia dove Doriano Modenini
dipinge, l’altra su una stanza luminosa dove, invece del pennello, usa la matita per creare disegni per tessuti.
“All’inizio i miei disegni erano molto influenzati dalla mia pittura, col tempo ho sfrondato maggiormente, sono diventato
più equilibrato nel progettare tessuti eppure sia nei quadri che in questi disegni affiorano gli stessi motivi che mi
affascinano: i simboli primitivi che si trovano sui primi manufatti dell’uomo. I disegni della collezione Protos per
Assia sono proprio questo: la rielaborazione di alcuni prototipi arcaici, provenienti da diverse aree del mondo…
Animale notturno, acquatico come il suo segno zodiacale, Modenini ha un’esauribile attività di immaginazione; prima che
artista è stato un uomo di teatro, nelle tre vesti di attore, regista e imprenditore; recentemente ha anche dato alle
stampe un suo romanzo, “La sonnambula”. Personalità dalle molte declinazioni espressive, collabora con diverse aziende
nel settore arredamento e ha una collaborazione collaudata con Assia. “E’ un rapporto di reciproca fiducia. Quando creo,
sinceramente non mi pongo il problema della commerciabilità; mi rassicura il fatto che i miei disegni non vengono
scartati, anzi hanno successo di pubblico. Con Assia c’è anche la possibilità di sperimentare. Per la collezione
Protos abbiamo fatto una ricerca per ottenere colori naturali coi metodi più antichi, dallo zafferano al sandalo,
alla cocciniglia. Poi, invece di tingere tradizionalmente, abbiamo stampato i tessuti ottenendo un effetto old jacquard,
ed è questa la novità”. Riguardo al proprio modo di procedere, Doriano Modenini specifica: “Non consegno un disegno
per poi disinteressarmene, ma lo seguo fino alla sua realizzazione. Anzi, dal disegno iniziale posso fare variazioni
e anche stravolgimenti, secondo la resa dei tessuti stampati, così pure se faccio jacquard scelgo i filati, seguo
i telai, faccio varie prove”

Lucia Bocchi / La mia casa – Aprile / Milano, 1990

 

 

Nella pittura di Modenini due spinte opposte, e in un certo senso speculari, entrano in gioco a determinare il
senso di fondo e la logica compositiva del quadro. Da un lato, e in una prima fase, una spinta espressiva di forte
tensione vitalistica: una voglia di agire senza mediazioni mentali nello spazio figurativo; di manipolare e aggredire
la materia pittorica e finanche il supporto; di coinvolgere tutto se stesso nell’opera, che diventa luogo di
registrazione delle emozioni e delle passioni. Questo avviene nella stesura e nella stratificazione delle
campiture cromatiche e negli interventi di taglio della superficie. Dunque una fase carica di irrazionalità
e di intenzioni di rottura dei limiti.
Dall’altro lato, e siamo alla seconda fase, una controspinta in direzione decisamente contraria, e cioè un lavoro di
ricomposizione e di riassorbimento della precedente energia, diciamo così, esplosiva all’interno di schemi di ben
studiato equilibrio e di raffinata armonia tonale. Un bisogno d’ordine e di armonia si fa pressante: le stesure di
colore mantengono in superficie una vitalità solo delicatamente vibrante; i tagli vengono ricuciti e costretti a una
funzione di scansione spaziale; l’insieme del quadro diventa coerente a un disegno compositivo unitario.
Quasi come un’ossessione emerge come tema strutturale dominante la centralità, definita per lo più attraverso la
verticalità emblematica di un taglio. La suggestione dei tagli di Fontana è qui evidente, ma molto interessante e
originale è l’operazione di ricucitura che più che rovesciarne il senso, mostra la volontà di ritornare indietro
verso un’ormai impossibile dimensione pura della virtualità bidimensionale o, per dirla in altri termini, metaforicamente
più pregnanti, verso una irrecuperabile verginità della tela. Un’intenzione singolare questa di Modenini e suggestiva
per i significati che ne possono scaturire. Oltre che per Fontana, si avverte anche un’attenzione e un interesse per
Burri e in particolare per la sua capacità di sublimare la fisicità dei materiali nella dimensione sospesa e
affascinante della bellezza formale. Ma, e questo è un merito dell’artista, i riferimenti citati vengono completamente
assorbiti e trasformati all’interno di un linguaggio pittorico personale, che ha un’identità del tutto specifica.
A seconda dei quadri, la presenza delle due spinte di cui si è detto risulta o equilibrata o leggermente prevalente
in un senso o in un altro. Il risultato non è mai però una semplice composizione delle forze o una sintesi dialettica:
entrambe le componenti rivelano la loro presenza all’interno della percezione complessiva dell’opera. E si tratta di
un dato positivo perché è in questo modo che la composizione mantiene una tensione estetica soddisfacente. Quando in
certi casi questa tensione si indebolisce, c’è qualche rischio di vuota eleganza decorativa o al contrario qualche
irrisolta grumosità materia. In ogni caso c’è sempre il rischio di rimanere intrappolati nella prigione dorata e in
definitiva tranquillizzante della ben definita superficie del quadro. Ma, a quanto pare, è un rischio che Modenini
accetta ben volentieri.

Francesco Poli – Esposizione Galleria Hovara / Torino 1990

 

 

Tessuti come immagine – Intervista con Doriano Modenini
– Come si definiscono i temi delle nuove collezioni di tessuti d’arredo?
– E’ un discorso che procede secondo le stagioni. Disegno una collezione all’anno per tessuti stampati, una per gli
jacquard più altri casi speciali. Personalmente mi muovo individuando prima i colori della collezione. A livello istintivo,
basandomi sulla esperienza e sulla mia sensibilità. Ci sono anche considerazioni più specifiche sull’andamento ciclico dei
colori che entrano in gioco. Direi comunque che tutto si basa fondamentalmente sulla sensibilità individuale. Dai colori
individuati scatta il meccanismo della forma e del disegno più consono al colore. Scegliendo colori decisi, toni molto
caldi di genere esotico è inevitabile finire su decori dell’India, Messico, Perù, Africa e così via. Astronomia,
alchimia, Arabia, Egitto eccetera; in questi anni tutto il campo dei segni, dei simboli e della decorazione classica,
antica e moderna è stato esplorato e saccheggiato.
Ma siccome è convinzione comune che, nonostante tutto sia stato già fatto, tutto possa essere migliorato o rivisitato,
si continua nello stesso modo.
– Dal colore si passa al disegno e ai motivi decorati: ma come individui il tipo di tessuto delle nuove collezioni?
– Il tessuto è quasi sempre conseguente al colore e alle forme. Altre volte, invece, il procedimento è esattamente contrario:
si parte da un genere di tessuto per arrivare al colore e al decoro.
Ad esempio con piquet e fiandra sono adatti disegni piuttosto piccoli, tipo arabo-egizio. Se i disegni si ispirano al
Perù o al Messico, i tessuti migliori saranno quelli grezzi o la lana, anche se ha costi molto elevati.
– Qual’è l’obbiettivo primo che ci si pone con una nuova collezione?
-Non c’è dubbio, la collezione per un’azienda deve fare in primo luogo immagine. Destare curiosità, far parlare, interessare
la stampa. Se poi si vende anche, come spesso succede con le mie collezioni, anche le più azzardate, tanto meglio.
L’imperativo è: essere innovativi…
…In ogni caso le aziende tendono a imporre le loro idee perché, ovviamente, vorrebbero raggiungere contemporaneamente
risultati sia di immagine che commerciali, ottimizzando quindi l’investimento che fanno sulla collezione.
– In che termini si svolge la ricerca nelle aziende per cui lavori?
– Direi che la ricerca ha libero spazio. Parlo soprattutto di ricerca come fatto culturale…
…Cambiare faccia al tessuto attraverso trasformazioni tecnologiche non è facile. Implica, oltre all’invenzione, investimenti
altissimi per la trasformazione delle attrezzature produttive, macchinari, telai e altro. Ed è sempre un salto nel buio,
per l’impossibilità di valutare a priori se l’innovazione sarà ben accolta dal pubblico e potrà avere un successo
commerciale tale da giustificare gli investimenti….

Da: Patrizia Scarzella / Interni Annual / Milano, 1990

 

 

Doriano Modenini at present has three faces, that of a painter, a textile designer, and a writer. Many of his textile works
are widely used as covering on well-known furnitures, and he is so big in Europe that even a person who does not know is
name has undoubtedly seen his textiles. However, his designing career has been surprisingly short, starting only in 1985.
This is also when he began to paint professionally though he had been painting for before that. Before 1985, he worked as
an actor, a stage set producer, and a playwright, and he published his first poem in 1971. So if we most label him by his
profession, we can say that Modenini is an “expresionist” or a “creator”. Modenini says about his occupation,
“I just express what I’m most interested in by using the means that are closest and easiest to get my hands on at the time.
Currently, he is spending most of his time ergetically painting away in his little atelier.
Concerning his textiles, Modenini says he thinks of it only as a means of living. Textiles have trends, and so he
must consider whether they will sell or not, and hi also receives orders for his old styles or particular designs.
For Modenini creating things for costomers does not allow for a genuine expression of what he would like to
express at that moment.
Recently, Modenini is also interested in writing, and manages to write, paint and design textiles interchangableably.

Yumiko Kobayashi – Axis n°39, Tokyo 1991

 

 

…During the 1960s and 1970s fabric design reflected the rapid succession of movements in art – abstract expressionism,
Op and then Pop Art – before finally looking to folk art for inspiration. Writing in 1957, the British print designer
Lucienne Day (celebrated for her upholstery fabric… at the Festival of Britain in 1951) expressed her belief that the
influence of abstract painting had inspired an entirely new style of furnishing fabric design, which had finally
broken away fron floreal themes to focus exclusively on modern art. The idea of textile design as an applied art
flourished in the mid-1980s when roughness started to be valued as an aesthetic by both artists and designers.
The gestural, roughly sketched patterns by designers such as The Cloth, in London, and Doriano Modenini in Milan,
are exsamples of this approach. It was in Scandinavia…

da: Chloe Colchester / The new Textiles /Rizzoli International Pub. Inc./ New York, 1991

 

 

Gli artisti della stoffa
…E’ chiaro che tutta la grande pittura ha contribuito all’evoluzione del gusto influenzando le altre forme artigianali e
creative. Ma nel corso delle arti applicate, e in particolare di quella tessile, il rapporto è più stretto tanto che molti
pittori hanno dato un contributo diretto vedendo in essa una continuazione della loro opera al cavalletto, un arricchimento
delle loro possibilità espressive.
Se le creazioni dei cartoni per arazzi e tappezzerie è stata una delle attività collaterali degli artisti fin dall’antichità,
più recente è il loro interesse per il tessuto.
Straordinarie e molto note sono le stoffe della rivoluzione russa, realizzate negli anni 20 e 30. Ad esse sono stati
dedicati libri e mostre proprio perché avevano un significato particolare: gli artisti esprimevano anche attraverso
il tessuto il particolare clima di rinnovamento, di mobilitazione che tanto li coinvolgeva sul piano ideologico…
gli artisti più noti, disegnarono per l’industria tessile russa, che attraversava anni molto difficili, spinti
dal desiderio di far entrare l’arte nella vita del popolo.
Ma già a cavallo del secolo, alcuni pittori inglesi come Sidney Mawson, William Morris, Harry Napper, che avevano
dato vita al movimento Arts and Crafts…
Il pittore Raoul Dufy debuttò invece nel campo della creazione tessile nel 1910… creò, insomma, opere d’arte
originali destinate in un primo tempo alla decorazione d’interni e poi alla moda…
Grande sensibilità artistica rivelò Fede (Federica) Cheti, una signora milanese di origini liguri che nel 1936
iniziò una collezione di tessuti che acquistò in breve grande fama. Amica delle belle arti, frequentò pittori
e artisti e chiese loro di disegnare per la sua azienda… seguirono i disegni di De Chirico, Sironi, De Pisis,
Campigli, Cascella…
Molto più recente è la storia di Assia, un’azienda che fin dall’inizio si è avvalsa di pittori per la creazione
delle collezioni di stampati rivolgendosi ad artisti del calibro di Aldo Sterchele, Max Kuatty, Doriano Modenini…..

Da: Mariangela Viterbo / Brava Casa – Novembre / Milano 1992

 

 

Penso a Doriano Modenini come a un artista di pittura decorativa. I suoi lavori che più mi interessano sono le superfici
con textures uniformi e contenute sia nel colore che nel genere dei segni. Trovo la pittura decorativa un fenomeno molto
attuale, che nato negli anni settanta è destinato ad avere una lunga storia non solo in America. Questo modo di dipingere
è descrittivo e calligrafico, ed ha radici lontane in molte etnie del mondo: elabora ritmi, temi e simboli adatti ad
essere contemplati in un quadro, ma anche ad essere usati nelle arti applicate. Non trovo soluzione di continuità
teorica fra pittura e artigianato, pertanto considero intercambiabili i quadri e i tessuti disegnati da Modenini.
Il suo tipo di creatività è psicologico, il suo racconto, astratto e informale, stabilisce un contatto antropologico
con l’interlocutore. Guardando la sua opera vengono alla mente i chiaristi della pittura padana (penso a Tosi e Lilloni),
ma anche le Ninfee di Monet e le superfici di Debuffet. E’ la storia interminabile di quegli artisti che trasmettono
luci, ombre e atmosfere interiori: una delicata vita di sensibilità che si traduce in poesia visiva, ora gioiosa era
malinconica.

Alessandro Mendini / D. Modenini Opere / Spazio Tre / Roma, 1993
Alessandro Mendini / Scritti / Skira / Milano, 2004

 

 

Appunti su Doriano
Non essendo un critico d’arte non so valutare il valore dell’opera artistica di Doriano Modenini. Non so dire se i suoi
dipinti rimarranno nel tempo nella storia dell’arte. D’altro canto ho la certezza che molti artisti, oggi più conosciuti
di Modenini, diventati famosi in breve tempo per ragioni che con la qualità del loro lavoro hanno poco a che fare,
spariranno come fugaci meteore. Ancora oggi alla lunga il tempo non perdona e i fenomeni di mercato alla fine si sgonfiano,
alla stregua di qualsiasi altro prodotto industriale di successo. So solo che i quadri di Doriano Modenini mi piacciono di
istinto, mi attraggono fortemente ed emotivamente. Nella mia vita mi sono innamorata poche volte di qualche artista
del ‘900: di tutto Mirò, di Gauguin nell’adolescenza e poi di Picasso cubista (chi non lo è stato innamorato?).
Col tempo, sempre più raramente e sempre più di quasi sconosciuti, scoperti per caso. Queste opere mi hanno dato
emozioni forti, adesione immediata e totale, che sfugge ad ogni tentativo di analisi critica. Opere che avrei dato
l’anima per possedere e negarne poi la vista ad altri. Mi è successo più di una volta anche con i quadri di Modenini:
ho pensato che ci vorrebbe uno spazio più adatto, una casa molto più grande, con pareti bianche molto più estese e
soffitti tanto più alti per contenere quelli che amo e quelli che vorrei possedere, con l’egoismo del collezionista,
lì in mostra solo per me. Dunque, di Modenini come artista, io criticamente non so che dire. Posso dire, invece,
che Doriano Modenini ha qualità umane rare e straordinarie. La riservatezza e l’umiltà innanzitutto. Capace di darsi
senza riserve, è uomo di grandi sentimenti – l’amicizia in primo luogo – che fanno di lui una persona molto amata.
Con passione, perseveranza e coerenza sviluppa da anni il suo lavoro artistico in un percorso solitario e individualista,
al di fuori di gruppi e correnti. Il suo linguaggio espressivo si evolve progressivamente usando come supporti
sia la tela che il tessuto. Dipingere e disegnare tessuti appartengono, infatti, alla stessa categoria di pensiero,
non sono per Modenini due strade parallele, ma due diverse possibilità di declinare, con strumenti differenti
la stessa poetica. La musica, il teatro, la filosofia, la scrittura, lo studio dell’arte e della storia antica sono
le altre coordinate che scandiscono la sua vita quotidiana. Dipingere è la ragione prima della sua vita.
Conoscere è la linfa che alimenta la sua pittura. In un mondo di persone che urlano per far sentire la propria voce,
Doriano Modenini parla con discrezione. La sua, è una voce di grande qualità.

Patrizia Scarzella / D. Modenini Opere / Spazio Tre / Roma, 1993

 

 

In genere, gli occidentali, nel pensiero, nell’espressione del loro sensazionale, nel loro stesso comportamento nei
confronti del mondo si rapportano a un realismo oggettivo: agli uomini, agli animali, alle piante, al sole ecc.
Gli asiatici invece partono sempre da una concezione dell’universo piuttosto astratta, cioè dallo spazio, dagli
elementi essenziali del mondo, dalla reincarnazione, dalla filosofia della vita, ecc. Doriano Modenini è una
persona che vive assolutamente nel suo universo, certamente occidentale sotto ogni punto di vista, eppure si
rapporta alle cose alla maniera degli asiatici. Nei suoi quadri, ciò che è espresso, almeno per me, sono quegli
spazi filosofici scaturiti dai quattro elementi universali: il mare, il vento, il fuoco, la terra. Nelle sue
opere lo spazio si dilata all’infinito, lasciando scorgere anche ciò che è oltre il limite del quadro;
l’immaginato vola verso ogni suo fruitore e può essere qualsiasi cosa, qualsiasi situazione. I concetti espressi da
Doriano Modenini mi sembrano tipicamente asiatici. Anche le opere giapponesi, da un certo punto di vista, sono
realistiche, ma esprimono una visione del Tutto non limitata nel confine del telaio. Ciò che gli artisti giapponesi
intendono rappresentare non sono le montagne, le cose o i fiori nel quadro, ma la sensazione stessa della vita, del mondo,
dello spazio, e quella filosofia, così come ognuno la percepisce dentro di sé, attraverso il Tutto visibile.
Nei quadri di Doriano Modenini provo queste emozioni, esattamente come le provo davanti a molte opere giapponesi,
e mi lascio facilmente trasportare nel mio pensiero calmo, a volte appassionato, e sempre nella mia più profonda
intimità, nel mio universo privato.

Yumiko Kobayashi / D. Modenini Opere / Spazio Tre / Roma 1993

 

 

A letto con un libro
Chi dorme non piglia pesci. Un proverbio antico come il mondo, che relega il riposo, il sonno, fra le azioni più inutili,
forse anche dannose, che l’uomo possa compiere. Dopo secoli di luoghi comuni, Flou, l’azienda che ha “reinventato il letto”,
tenta oggi di ribaltare il concetto, proponendo una filosofia che fa del dormire un fatto, prima ancora che fisiologico,
culturale.
A un anno di distanza dall’inizio di una serie di studi correlati a una poderosa raccolta di informazioni e dati storici
e antropologici sul “dormire”, Patrizia Scarzella, architetto e giornalista, insieme con l’antropologo Franco La Cecla e
lo storico Doriano Modenini, ha presentato un interessante volume che va a colmare una lacuna editoriale in materia…
Nel frattempo il volume “Dormire”, edito da Electa, è disponibile presso le librerie milanesi. Da febbraio sarà
distribuito sull’intero territorio nazionale.

Da: Andrea Rovelli / il Giornale / Milano, 09.12.1993

 

 

Dimmi come dormi e ti dirò chi sei
In legno, in avorio, in terracotta; lineari ed essenziali come una scultura moderna, oppure barocchi, carichi di
simboli e decorazioni: non sono elementi architettonici ma poggiatesta, un accessorio che, dal neolitico ai nostri
giorni, ha cullato i sogni di milioni di uomini in un’area geografica e culturale estesissima, dall’antico Egitto al
Giappone moderno. Ne presenta un’ampia documentazione fotografica un volume dedicato alle infinite sfaccettature
storiche e antropologiche del sonno (Dormire, sponsorizzato dalla Flou e pubblicato da Electa), curato da Patrizia Scarzella,
Franco la Cecla e Doriano Modenini assieme a un nutrito gruppo di antropologi, storici, architetti e designer.
Ma perché appoggiare il collo e le guance su ruvidi strumenti di tortura invece che su morbidi cuscini? Perché,
come spiega l’antropologo…
…Ma per noi occidentali cultura e tecnica del sonno restano legati alla lunghissima storia del letto e dei suoi
accessori (il volume vi dedica due sezioni, corredate da sontuosi materiali iconografici e curate da Doriano Modenini e
Ornella Selvafolta). Letto amato e odiato, luogo di piaceri ed esplosioni vitali – Nascite, amori,
risvegli – o di dolori – insonnia, solitudine, malattia, morte. Letti allusivi come quelli del cinema americano
negli anni ’50, quando la morale che impediva di riprendere esplicite scene di sesso veniva aggirata inquadrando
la diva sdraiata…

da: Carlo Formenti / Corriere della Sera / Milano, 30.12.1993

 

 

Trash Forniture
…ovvero mobili dalla spazzatura, è stata una mostra curata da Patrizia Scarzella che ha presentato al pubblico oggetti
recuperati nei magazzini di raccolta, nelle discariche autorizzate o per strada, fatti rivivere da Prospero Rasulo e
Doriano Modenini. Per il primo si è trattato di intervenire con macrosegni pittorici di ispirazione Amerinda.
Il secondo invece ha provveduto ad elaborare e assemblare parti di oggetti diversi per poi sottoporli all’intervento pittorico.
L’obbiettivo della mostra, allestita a Milano… non è stato quello di dare indicazioni di progetto, ma di offrire lo
spunto per una riflessione sul progetto e la creatività in tema di sovrapproduzione d’arredo, riciclo e non spreco.
Marco Angeretti e Massimo Brini hanno accompagnato l’esposizione con un reportage fotografico
sui “luoghi” del trash-forniture.

Interni n° 443 / Milano 1994

 

 

Percorsi etnici
Il tessuto sin dalla sua comparsa (come invenzione tecnica) è sempre stato il supporto privilegiato sul quale decori e
ornamenti hanno trovato uno spazio d’espressione praticamente illimitato. Ma con il termine tessuto si può intendere
molto altro: Gottfried Sempre (1803-1879), architetto appartenente alla corrente dell’eclettismo storicista, individua
in alcune parti dell’architettura un forte legame con l’arte della tessitura. Le superfici, i pavimenti, le pareti,
rappresentano a loro modo uno spazio da tessere attraverso modanature, lesene, capitelli. Il concetto di parete di
pietra intesa come trasposizione e metafora di un tessuto è, nella storia dell’architettura di molte civiltà, un
elemento ricorrente…
Se per Adolf Loos l’ornamento è un delitto… per Frank Lloyd Wright il tema del decoro e dell’ornamento in architettura
risulta essere argomento carico di suggestioni. Ma il tessuto è anche spazio simbolico – come evidenziano i testi di
Tiziano Meglioranzi e Doriano Modenini – dove segni e colori antichissimi vengono accolti per scandirne la superficie
e determinarne l’identità. Il decoro e l’ornamento sono assimilabili a un vero e proprio linguaggio, a un sistema di
comunicazione dove il lessico è dato dall’intreccio di segni e colori ritualizzati nel tempo. Sono espressioni di
collettività che si riconoscono nella ripetizione ossessiva e immutata per secoli di forme e cromatismi.
Un sistema di comunicazione che rende riconoscibili non solo etnie e culture, ma anche luoghi geografici…

Da: Gilda Bojardi / Interni Annual / Milano 1994

 

 

Hommage aux vraies valeurs
Ces deux artistes, qui trouvent à nourrir leur imagination dans les détours du rêve et de la pensée, présentent des Inni,
qui sont des hymnes colorés, hommages aux vraies valeurs qu’il faut défendre des grignotements incessants de la mode,
de l’esthétique et du marché.
Patricia Kinard est…. Doriano Modenini est originaire de Vérone, et vit et travaille a Milan. Ils multiplient chacun
leurs recherches, au départ de mêmes références, mais aboutissent à des résultats plastiques fort différents.
…Modenini est plongé dans l’art sacré oriental et utilise les symboles tantriques « pour conjuguer sa propre liberté
d’expression avec les significations profondes des Mandala »…
Son dessin, ses couleurs, le style qu’il a adopté, sont d’une rigueur qui souligne les exigences d’une adhésion
philosophique, qui est sans complaisance pour les fantaisies poétiques…

Da : Stéphane Rey / L’Echo / Bruxelles, 1998

 

 

Doriano Modenini e Patricia Kinard. Tous deux exposent pour la première fois en 1975, lui, dans la galerie « Le Labyrinthe »,
elle, chez « Rencontre ». Ils ne se connaissent pas et pourtant, tout en étant très différentes, leurs ouvres cohabitent
aujourd’hui dans le même territoire mental et expriment une identique jubilation à travers la couleur et le rythme.
On évoquera la structure géométrique des mandalas tibétains pour l’italien mais auxquels on aurait retiré les figures
pour n’en garder que l’ineffable intensité chromatique. On ne parlera que d’ors pour la seconde et pour les exalter…
La pensée de l’Orient est bien là même si, à aucun moment, il ne s’agit dé citation, d’évocation proche ou lointaine,
bref, d’illustration. En lieu et place, une conviction, des évidences, une logique et le temps nécessaire aux décantations.
D’où, sans doute, ce sentiment d’ouverture, cette joie communicative qui étonne dans un climat artistique plutôt propice
aux héroïsmes tragiques, aux renoncements mélancoliques et aux restrictions suicidaires. Pour mieux saisir la singularité
des propos, je citerai trois éléments qui relient les deux œuvres au-delà et en deçà du spectacle qu’elles nous offrent.
D’abord, le profond sentiment d’appartenance à la latinité dans ce qu’elle signifie une manière d’observer
le monde via une recherche sur la façon dont la pensée se pense à travers les filtres et miroirs de la psyché.
Une clarté de vue que les deux artistes ont acquis à travers l’étude des mythes anciens qui, à leur tour,
ouvrent les horizons du Temps, de la Finitude et de l’Impermanence. Ensuite, deux passions que partagent
Kinard et Modenini même si, dans le monde des plasticiens, qu’ils soient modernistes ou avant-gardistes,
elles paraissent trop fréquemment encore, relever d’une faiblesse voire d’une faute. Un: l’admiration pour
les motif décoratif, si souvent décrié alors qu’il fut à la base de la naissance de l’abstraction d’un Kupka et
qu’une exposition à Villeneuve d’Ascq («L’envers du décor», jusqu’au 21 février) révèle combien il est présent
chez les plus grands de nos modernes. Deux: le même amour pour le tissu dont certains critiques sous-estiment
la portée alors qu’aujourd’hui, il fait l’objet de grandes expositions comme celle organisée au Moma de New York
(jusqu’au 26 Janvier) sous le titre « structure and surface » : Contemporary Japanese Textiles ».
Structure et surface. Ici de même, tout est donc dans le rythme, la musicalité, l’étendue du regard qui s’évade
et s’accroche, glisse et repart, se fixe un instant puis poursuit une route qui devient à son tour totalité, moment
de mémoire, durée, plaisir de l’indivisible et de l’éveil. Or, cette structure, plus refermée sur elle-même chez
l’italien, plus ouverte, chez le peintre belge, ne serait rien sans la couleur. C’est elle qui, dés les fonds,
souffle le vide et le nourrit du calme et de la lumière nécessaire. La teinte, sans nom ni référence est porteuse du
chant et non de la parole. Il y a, dans les toiles présentées, quelque chose d’une prélogique, une sorte de rencontre
entre l’intuition la plus profonde (et la plus clairvoyante) et la raison, l’infini et son incarnation. On ne
confondra cependant ni Kinard, ni Modenini. Chez la première, la musique inclut une totalité absorbante du détail,
de l’accidentel, des vibrations souterraines et de l’inattendu. Chez le second, ou reconnaîtra parfois une symbole,
un rappel venu du livre.

Guy Gilsoul /AAA. Arts Antiques Auctions n°297 /Bruxelles, dec.1998

 

 

Oggetti comunicanti
“L’oggetto è il miglior portavoce del soprannaturale: c’è facilmente nell’oggetto una perfezione e insieme un’assenza
di origine, una chiusura e una brillantezza, una trasformazione della vita in materia e per dir tutto un silenzio
che appartiene all’origine del meraviglioso”(Roland Barthes- “Miti d’Oggi”)
Fortemente materici sono gli oggetti tridimensionali di Doriano Modenini, una costruzione niente affatto diversa
da quella dell’opera bidimensionale che compone sulla tela. Con un analogo processo di trasformazione di un’idea,
prendono corpo dalle sue mani oggetti insoliti e speciali: usa spesso materiali di riciclo, che scompone e ricompone,
riportando oggetti abbandonati, dimenticati, morti, a nuova vita. Ridando senso compiuto alle cose.
La semiotica ha ampiamente dimostrato che gli oggetti sono segni comunicanti e che il loro senso è la relazione che
sono capaci di instaurare con il fruitore: quelli di Doriano Modenini comunicano energia positiva, vita, forza, passione.
Colore, materia, struttura costituiscono un “unicum” che non è dato scomporre. E’ diffuso oggi il bisogno di riaffermare
l’identità e l’unicità degli oggetti, non sempre nel senso di “pezzi unici”, ma di oggetti con forte identità,
quand’anche prodotti in serie come il mobile “Calypso” della collezione Zanotta Edizioni.
Uno dei paradossi contemporanei è che il mondo degli oggetti tende all’immaterialità, ma ciò nonostante il nostro mondo
è sempre più pieno di cose: “il numero degli oggetti – citando l’epistemologa Eleonora Fiorani (“Il mondo degli
Oggetti, ed.Lupetti)- aumenta sempre di più ed è tale da generare, alternativamente, una sorta di nausea o di
disaffezione verso le cose e ricorrenti catastrofi semantiche, o, come ora, il proliferare dei feticci e
l’estetizzazione della vita quotidiana”.
Il fenomeno di dematerializzazione degli oggetti industriali ha portato alla ribalta nuovi valori: la piccolezza e
la leggerezza. Per contro, contemporaneamente, è aumentata l’attenzione alle proprietà sensibili degli oggetti,
alla loro matericità.
Gli oggetti di Modenini, con la loro insolita carica emozionale e decorativa, vanno in questa direzione, rispondendo
ad un bisogno contemporaneo quanto arcaico di fisicità delle cose.

Patrizia Scarzella / Esposizione Galleria Schubert / Milano 2002

 

 

Mitologia delle Origini – Simboli, dei e miti attraverso la letteratura mitologica
Doriano Modenini, versatile e poliedrico autore di saggi, romanzi e opere teatrali, propone in “Mitologia delle origini”
una raccolta di personaggi e temi mitici relativi all’ambito culturale dell’Egitto e della cosiddetta Mezzaluna Fertile
presso culture come quella numerica, accadica, assira ecc.
L’opera, completa e dettagliata, ha il merito di lasciare aperti molti spunti di riflessione e approfondimento e si presta
ad un’agevole lettura anche da parte di chi non ha fatto del vasto e appassionante argomento il proprio specifico oggetto
di studi. La struttura di “dizionario” rende facile e immediata la consultazione. Altro merito dell’autore è quello di
essersi avvalso di ottime fonti; la bibliografia, infatti, conta nomi autorevoli, tra cui…
Il tema della mitologia come momento espressivo fondante e fondamentale di ogni cultura è annoso quanto spinoso: per
anni, infatti, tra ‘800 e ‘900, si è discusso sulla necessità di “catalogare” e “classificare” presunti elementi mitici
“archetipali”, proporre una “scala di valori” tra mito e storia – quando, invece, non si tratta di evoluzione culturale,
ma di due strumenti diversi di lettura del reale -, nonché di fornire una successione cronologica tra la produzione
mitopoietica e l’operatività rituale. Il libro di Modenini non si propone di dare una risposta sul “metodo di lettura”
dei miti, ma si preoccupa piuttosto di fornire una buona dose di elementi necessari per un ulteriore approfondimento
(cosa che la ricca bibliografia consente): senza rinunciare, da una parte, all’inquadramento storico dei fatti e,
dall’altra, senza togliere all’argomento il fascino di cui è avvolto.

Da: Anna M. Baiamonte / Tanit . Project / http://www.tanitproject.altervista.org Roma, Settembre 2005

 

 

Viaggi da favola
Gloria, onore, fama, ricchezza… Che cosa inseguivano gli eroi delle mitologie di tutti i tempi e di ogni popolo nei
loro lunghi viaggi? Gli obiettivi cambiavano, ma il “panorama” era più o meno lo stesso: una partenza forzata o inevitabile;
un itinerario costellato di prove da superare; il ritorno o il raggiungimento di una meta con l’eroe arricchito di esperienze,
saggezza e forza. Il viaggio era insomma simbolo di crescita interiore, ma aveva un significato anche per la comunità.
“A viaggiare era un re o aspirante tale” dice Doriano Modenini, studioso di mitologia “che doveva dimostrare di essere
in grado di assicurare prosperità al suo popolo. L’itinerario coincideva spesso con quello del Sole (seguiva cioè
l’asse oriente-occidente), perché l’eroe rappresentava colui che doveva salvaguardare il succedersi delle stagioni,
garantendo il ritorno delle piogge e del raccolto”…
… “Anticamente alle stagioni erano associati i quattro segni zodiacali del toro, del leone, dello scorpione e
del serpente marino (per noi l’acquario)” spiega Modenini, “e la lotta simbolica del re contro di loro rappresentava
il controllo sulle forze della natura, quindi il potere del sovrano”…
… Ma perché mai sottoporre i personaggi dei miti a queste prove, letteralmente “infernali”? “L’eroe o il re,
rappresentava l’intero popolo e ne garantiva la sopravvivenza” conclude Modenini. “Doveva quindi dimostrare di poter
fronteggiare anche l’esperienza estrema della morte. Dalla quale riemergeva più forte e più saggio”.

Da: Carlo Migliavacca / Focus- Storia / Milano, Autunno 2005

 

 

Cielo e mare nelle tele di Modenini
Cielo e mare sono i protagonisti incontrastati delle tele esposte da Doriano Modenini, artista che presenta a Como la sua personale dal titolo
Trasfigurazione della Natura. I paesaggi marini
rappresentati nelle sue tele, come indica il nome dell’esposizione, non sono
una riproduzione fedele della realtà, ma una sua trasfigurazione: il punto
di riferimento per l’artista non è il paesaggio naturale, ma un’idea che
precede il soggetto rappresentato. Si tratta dunque di una pittura astratta,
come testimonia l’atmosfera che pervade i suoi dipinti, che
sembra provenire da un luogo metafisico, dove non valgono le leggi della fisica.
Nelle tele esposte a Como, alcune di grandi dimensioni, il visitatore potrà ammirare
uno spazio più spirituale che fisico, dove il mare e il cielo riprodotti nelle tele,
soggetti reali, vengono rappresentati creando un’atmosfera astratta: Modenini
non nasconde nella sua pittura la sua intenzione artificiosa, creando dei paesaggi
quasi onirici.

Manuela Moretti / La Provincia / Mercoledì 20 Maggio/ Como, 2009

 

 

Trasfigurazione della natura
Cieli tersi o lievemente velati da nubi, mari increspati e silenziosi. Le marine di Doriano Modenini, pur alludendo alla natura, la sfiorano soltanto. Il dato di natura infatti è per questo pittore un punto di approdo e non di partenza: non è dall’osservazione della realtà che nasce la sua pittura, ma al contrario dalla proiezione di un’idea che precede il soggetto rappresentato. “Io dipingo lo spazio. Il soggetto non mi interessa” dichiara l’artista. E’ per tale motivo che nelle sue marine non è possibile ritrovare un luogo specifico, né un soggetto individuabile, e neppure un’ora o una condizione atmosferica, perché questi paesaggi sono in realtà più vicini all’astrazione che alla descrizione. Ad un’astrazione non in senso kandinskiano, del trarre cioè forme astratte dal dato reale trasferendone un qualche dato emozionale, ma, in un procedimento inverso, del trasformare un’indagine artistica in forme concrete, naturali, appunto. L’astrazione di questi dipinti, se volessimo trovare un riferimento storico artistico, è più vicina piuttosto alla rarefazione della forma e dell’atmosfera delle piazze di De Chirico, che attingono a una dimensione che contraddice le leggi della fisica, o alla pittura cinese, che procede per sintesi del dato naturale.
Questa è la modernità delle marine di Modenini e allo stesso tempo la dimostrazione della continuità con la sua indagine precedente. Apparentemente, questi ultimi dipinti sembrano infatti allontanarsi dalle opere realizzate negli anni Ottanta e Novanta, basate sulla presenza di una certa matericità e – come osservato sia da Pierre Restany che da Alessandro Mendini – da una propensione al decoro. In realtà sono una variante della continua ricerca di equilibrio spaziale che caratterizzava quelle composizioni solcate da tagli rattoppati, che dalla fine degli anni Novanta hanno cominciato a rendersi sempre più essenziali e monocrome (come ad esempio in 1997 n. 18 o in 1998 n. 1) e a presentare elementi aggettanti che sfidano la bidimensionalità della tela come è in 2007 n. 18 e 2007 n. 25. In un lavoro dalle tonalità rosse, 2007 n. 4, dello stesso anno in cui Modenini comincia ad affrontare le marine – tema tra l’altro già praticato dall’artista all’inizio della sua attività – appare già l’orizzonte, in un taglio centrale cui fanno da contrappunto alcuni elementi geometrici aggettanti. Le ombreggiature e la distribuzione della luce in punti più o meno pregnanti, si possono leggere come un andare già verso uno spazio allusivo. Da qui il passo verso le marine non risulta poi tanto distante.
L’interesse per la composizione, per la luce e soprattutto per dimensione spaziale di quel lavoro e di quelli precedenti è evidente infatti anche nelle marine, anche se risolto in modo diverso. Qui, infatti, l’artista sembra averci portato oltre la lacerazione della tela, in una dimensione che è sempre esistita nel suo lavoro, ma che era apparentemente nascosta dall’ingombro della materia. Quella matericità di tela e di pigmento è ora nelle forme del paesaggio: il mare, appunto, increspato dalle onde, o il cielo solcato dalle nubi, o, in alcuni dipinti, i frammenti di terra e arbusti alla base dell’inquadratura. Tali elementi, che ricordano la realtà naturale, sono però resi artificiali da un sapiente gioco di simulazione. Ed in questo senso potremmo leggere il lavoro più recente di Modenini nella stessa poetica della “postproduzione” teorizzata da Nicolas Bourriad, intendendo qui la citazione non oggettuale, ma riferita al paesaggio. Modenini non nasconde infatti nel suo tratto pittorico l’operazione artificiosa della pittura, al contrario la enfatizza, semplificando le forme, rendendole, appunto, astratte. Lo spazio creato in questi dipinti è quindi uno spazio antinaturalistico.
All’artista non interessa la descrizione del soggetto, ma la creazione di uno spazio di evocazione spirituale. Per tale motivo osservando questi dipinti, talora anche di grandi dimensioni, percepiamo una sensazione di grande tranquillità. Lo spirito di tali dipinti emerge da forme naturalistiche di natura assoluta che riempiono con la loro ieraticità, lo spazio circostante: i blu tenui e gli azzurri creano trasparenze che lasciando emergere senso di quiete e di trascendenza. Le marine sono quindi una tappa di un percorso meditativo, che si può leggere in controluce in molte delle opere di Modenini, e sperimentato in particolare nei “cerchi luminosi” del 1999, dove si percepiva in modo esplicito quella “energia pura in continuo movimento” che costituisce l’essenza della realtà. E’ proprio questa esperienza della natura, intesa come partecipazione emotiva e psicologica, che sta alla base di questi lavori e ne costituiscono l’essenza più intima. La realizzazione delle singole opere diventa così frutto di un atto meditativo che sveli il nesso del legame tra l’essere umano e la natura del cosmo.

Elena Di Raddo / Esposizione S. Pietro in Atrio / Como, 2009